domenica 22 gennaio 2012

Out-take #7

C’erano vari modi per fronteggiare quel tipo di emergenza, vari modi per uscire dal guscio e ritrovarsi di nuovo a lottare insieme agli altri. Stazionavo sul letto da giorni, circondato da bottiglie di birra da sessantesei e avanzi di cibo. Nella stanza c’era solo un letto, un tavolo da lavoro, un armadio. Le pareti erano spoglie. Dal soffitto pendeva una lampadina a risparmio energetico. L’Adsl era il mio unico legame con l’esterno. Quindi, certo, si trattava di un’emergenza. Mica puoi vivere a lungo così. Conosco persone che ci hanno provato. Alcune di loro non le ho più viste. Sembra una brutta battuta di un brutto film, ma è così, lo posso giurare. Bisognava prendere le corna del toro e fermarlo, il toro, prima di ritrovarsi con la pancia squarciata e le interiora a penzolare fino ai piedi. Le lenzuola puzzavano. La stanza puzzava. Il mio alito puzzava. Il pubblico sugli spalti era inebriato dalla lotta che sarebbe cominciata di lì a poco. Sentiva preventivamente l’odore del sangue e urlava. La questione in realtà era un’altra. Il punto non era il pubblico, non erano le grida, non era la puzza, non erano gli spalti assolati, le bibite ghiacciate vendute da adolescenti brufolosi in cerca di denaro da spendere in videogiochi e droghe sintetiche, non erano le famiglie perfette con i cappelli tutti uguali e il cane labrador seduto di fianco alla figlia piccola, non era la pubblicità della televisione via cavo che troneggiava di fianco al grande orologio digitale, non erano le migliaia di auto parcheggiate, i marciapiedi roventi, i chioschi dei paninari, non era l’aria adrenalica che si respirava, non era la mia paura, la terra battuta che si muoveva in superficie ad ogni alito di vento, non erano le nuvole che proiettevano ombre minacciose sulle teste delle persone. Il punto era il toro. Lui era il protagonista, la star, il carnefice e la vittima, il boia e il capro espiatorio. La questione era lui. Le sue corna affilate. Il mio sangue che sarebbe sgorgato nel giro di qualche minuto era del tutto marginale. Rimuginai questo aspetto dell’emergenza. Il mio sangue e la marginalità della cosa. Forse per questo mi alzai e andai in bagno a sciacquarmi la faccia. Forse per questo mi specchiai. Forse per questo mi lavai i denti. Forse per questo mi spogliai e mi infilai sotto la doccia. Forse per questo mi feci la barba. Forse per questo tirai fuori dei biscotti dalla credenza e li mangiai avidamente. Forse per questo mi vestii e uscii di casa.